Editoriale del Segretario Generale. Essere iscritto al SINAFI vuol dire, per ogni finanziere, avere una preziosa garanzia di tutela contro ogni forma di sopruso ed ingiustizia.

Editoriale del Segretario Generale. Essere iscritto al SINAFI vuol dire, per ogni finanziere, avere una preziosa garanzia di tutela contro ogni forma di sopruso ed ingiustizia.

Dall’inizio della nostra costituzione, avvenuta più di un anno fa, nonostante le tante indifferenze mostrate dalla classe politica e le forti resistenze culturali dei vertici delle Amministrazioni che hanno fatto del tutto per ostacolare questo processo di cambiamento epocale, volto alla democratizzazione delle condizioni di lavoro del personale della Guardia di Finanza e militare in

Dall’inizio della nostra costituzione, avvenuta più di un anno fa, nonostante le tante indifferenze mostrate dalla classe politica e le forti resistenze culturali dei vertici delle Amministrazioni che hanno fatto del tutto per ostacolare questo processo di cambiamento epocale, volto alla democratizzazione delle condizioni di lavoro del personale della Guardia di Finanza e militare in genere, sono stati centinaia gli interventi fatti a sostegno degli iscritti che, consapevoli del fatto che l’unione fa la forza, si sono rivolti a noi per farsi tutelare nelle sedi preposte.

Oggi, a differenza del passato, il finanziere di ogni ordine e grado che crede nelle forme di tutela collettive e individuali, attuate dall’Organizzazione Sindacale, non è più solo e sa che affidandosi a colleghi che hanno deciso di impegnarsi con serietà ed onestà intellettuale, dedicando il proprio tempo per migliorare le condizioni di lavoro degli altri e democratizzare gli apparati, potrà sempre contare nella presenza e nella vicinanza di persone competenti a cui ha deciso di affidare le proprie sorti mediante l’iscrizione.

Sindacato, infatti, dall’etimologia greca Syn (insieme) dike (giustizia), vuol dire propugnare insieme valori di giustizia.

Molti finanzieri o militari in genere, purtroppo, non sono ancora consapevoli dell’importanza di associarsi in sindacato, proprio per essere più forti e ricercare tutti insieme forme di giustizia, di equità sociale e lavorativa e migliori condizioni stipendiali.

Troppo spesso, peraltro, oltre alla paura, ovviamente ingiustificata, l’egoismo, l’individualismo, la formazione culturale e sociale acquisita da alcuni in tanti anni di mancanza di organizzazioni sindacali e tesa più a ricercare personalismi e vantaggi personali, anziché forme di equità diffusa e rispetto della dignità della persona in primis, nonché del lavoro svolto, stanno ritardando questo processo di democratizzazione.

La demonizzazione che è stata fatta negli anni e che tuttora continua ogni giorno nei luoghi di lavoro è pari a quella attuata nelle fabbriche nei primi decenni del novecento, ove rivolgersi al sindacato voleva dire essere additato ed isolato.

Ovviamente, a fronte di tanti colleghi che sono ancora restii ad iscriversi ce ne sono migliaia che già l’hanno fatto e che hanno sperimentato, nonostante tutte le difficoltà del momento, la forza di persuasione che ha un’organizzazione, ovviamente a patto che sia scevra da secondi fini e credibile.

Proprio in questi giorni, mediante l’Avv. Tedeschi, uno dei tanti studi legali convenzionati che costituiscono il Team consulenza e tutela Legale Sinafi, siamo intervenuti in via giurisdizionale – con richiesta di provvedimento cautelare –  dinanzi al Consiglio di Stato, per tutelare un nostro associato, con figlio minore di tre anni, di vedersi riconosciuto il diritto ad essere assegnato per tre anni, ai sensi dell’art. 42 bis del testo Unico Maternità e Paternità, ove presta servizio il coniuge.

Il Tribunale Amministrativo Regionale, infatti, con un orientamento del tutto nuovo estrapolato perlopiù da una sentenza del CDS, ovviamente non condivisibile, ha rigettato il ricorso del nostro iscritto, peraltro con motivazioni che lasciano basiti:

“Il Consiglio di Stato con la sentenza 4993/2017 ha sottolineato che la trasposizione in ambiente militare degli istituti a tutela della paternità maternità dettati dall’ordinaria disciplina privatistica del rapporto di lavoro, sebbene sia in linea generale possibile poiché anche i militari sono lavoratori dipendenti, è in concreto limitata dalle eventuali ulteriori esigenze di tutela, oltre a quelle organizzative comuni a tutte le pubbliche amministrazioni, funzionali alle peculiarità istituzionali delle Forze armate e di polizia. Se la ratio dell’art. 42 bis D.Lgs. n. 151 del 2001 è la tutela di diritti fondamentali legati alla famiglia ed all’esercizio dei doveri genitoriali, tali diritti non possono sempre prevalere su altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, come la difesa militare dello Stato definita dall’art. 52 Cost. sacra e la prevenzione e repressione dei reati.

Si deve inoltre considerare che un Corpo militare come la Guardia di Finanza

presenta molti dipendenti con figli in tenera età per lo più provenienti dall’Italia meridionale che prestano servizio lontano dai luoghi di provenienza dove vogliono tornare quanto prima, magari con un’assegnazione temporanea che nel frattempo può divenire definitiva in virtù dell’annuale programmazione”.

In pratica, dopo anni di sentenze favorevoli ai ricorrenti, emanate dagli Organi Giurisdizionali, in forza al principio che ogni cittadino, a prescindere dallo status che riveste, ha pieno diritto ad esercitare il diritto alla genitorialità, oggi prende corpo un nuovo orientamento che pone concetti generici ed astratti quali “la difesa militare dello Stato e la prevenzione e repressione dei reati” in una posizione di supremazia rispetto ai valori costituzionali legati alla famiglia ed alla genitorialità.

Ora la parola passa al Consiglio di Stato!

Chi si iscrive al SINAFI può essere certo che non sarà mai solo!

Eliseo Taverna – Segretario Generale SINAFI

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