Il personale la smetta di lamentarsi in modo sterile e improduttivo, si renda subito conto di come ormai vanno le cose nel Paese e se davvero ha a cuore il proprio futuro si iscriva subito al sindacato per dare quella forza di rivendicazione che manca! Dopo anni di attese, finalmente il personale delle Forze di
Il personale la smetta di lamentarsi in modo sterile e improduttivo, si renda subito conto di come ormai vanno le cose nel Paese e se davvero ha a cuore il proprio futuro si iscriva subito al sindacato per dare quella forza di rivendicazione che manca!
Dopo anni di attese, finalmente il personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate a breve si vedrà rinnovare il contratto di lavoro, sia la parte economica, sia quella normativa, riferita al triennio 2019/2021, tuttavia c’è poco da gioire e tanto da riflettere.
Originariamente, già in fase di apertura delle trattative, le risorse appostate dal Governo erano state ritenute totalmente insufficienti dalle Organizzazioni Sindacali di Polizia e dai COCER, anche perché prive del cosiddetto plus valore riferito alla specificità di status e d’impiego che avrebbe dovuto marcare una certa differenza rispetto al pubblico impiego.
Una differenza che, giorno dopo giorno, si fa sempre più fatica ad affermare a causa di preconcetti e veti, nemmeno tanto velati, mostrati da una classe politica e soprattutto da un’alta dirigenza pubblica, ben pagata e seduta su comode poltrone dentro i caldi palazzi romani.
Tutto questo accade, ovviamente, mentre tanti appartenenti alle Forze di Polizia combattono, giorno e notte, ormai da anni, contro disagi sociali che affliggono la società e cercano, ovviamente, di contenerli, ma lo fanno anche con una legislazione e con un’impostazione culturale della classe politica, sempre più permissiva, che finisce paradossalmente per tutelare più i delinquenti che coloro che sono chiamati a salvaguardare la collettività e, di conseguenza, a preservare la democrazia del Paese.
Sono decine e decine gli operatori di Polizia che ogni giorno sono costretti a subire passivamente e spesso nel silenzio più assordante, violenze di ogni genere, fino al punto che oggi tali fatti non costituiscono nemmeno più fonte d’interesse per gli organi d’informazione, facendo assumere alla notizia il carattere di una fisiologica normalità.
Non è solo una questione di stipendi e indennità, pertanto, che senz’altro fanno la loro differenza, ma anche di dignità sociale, qualità delle condizioni di lavoro, strumenti legislativi a disposizione per esercitare il proprio ruolo e, non da ultimo, delle regole d’ingaggio con le quali si è chiamati ad operare.
La rivendicazione economiche messe in atto in questa fase contrattuale, sempre più simile agli automatismi stipendiali, seppur hanno permesso di ottenere ulteriori risorse, parte delle quali confluiranno sui FESI di ogni singola Amministrazione, per poi essere distribuite al personale sotto varie forme, si è ancora distanti dai reali aumenti stipendiali di cui il personale meriterebbe per ristorare il gravoso lavoro svolto e soprattutto per la perdita del potere di acquisto degli stipendi, dovuta anche ad aumenti esponenziali di beni e servizi.
Le risorse complessivamente stanziate, infatti, se da un lato potrebbero riuscire a permettere alcune importanti innovazioni, seppur di principio, che caratterizzeranno la specificità dei singoli Corpi (di Polizia Tributaria per GdF, di Controllo del territorio, solo su alcuni turni, per PS e CC e di Sezione, per la Polizia Penitenziaria) dall’altro non sono sufficienti a riconoscere un aumento significativo e dignitoso per il lavoro svolto dagli operatori e nemmeno a rivalutare, in modo adeguato, le tante indennità la cui riconsiderazione economica risale a più di 10/15 anni fa.
Dopo tre anni di contratto scaduto, pertanto, saranno poche le risorse che andranno sulla parte principale dello stipendio dei singoli operatori, traducendosi in un netto mano di circa 50/60 euro mensili, che appunto può essere paragonato ad una mancia.
La colpa non è di chi rappresenta il personale che, ovviamente, cerca di fare del proprio meglio con gli strumenti giuridici di rivendicazione che ha e affrontando avversità non da poco conto, ma della mancanza di una forza rappresentativa sindacale incisiva, rispetto ad altri contesti, che diversamente riescono ad essere “gruppi di pressione” politica e sociale rilevante.
Potrebbe apparire distonico, soprattutto a diversi alti dirigenti ben pensanti che si alzano la mattina e vedono tutto filare liscio, ma la percezione che tanti operatori ormai hanno è fortemente negativa e lo è fino al punto da considerarsi come carne da macello, sempre più chiamati in causa per contenere quegli sfoghi e disagi sociali che la classe politica spesso non è in grado, a causa delle scelte messe in atto, di prevenire e contenere.
Ecco che allora l’unica strada per ricercare una svolta decisiva, che possa portare condizioni lavorative, sociali, e economiche migliori passa necessariamente per una funzionale e incisiva sindacalizzazione dei Corpi militari, la cui importanza, stranamente, viene fortemente incompresa dalla classe politica e persino osteggiata dalla dirigenza, fino al punto da privare le OO.SS. di importanti strumenti di rivendicazione, nonché del ruolo negoziale a livello regionale.
Quel ruolo che porta con sé una naturale contrattazione decentrata o di secondo livello, riconosciuta a tutte le Organizzazioni sindacali di ogni comparto e che permette di avere quello strumento giuridico che, di conseguenza, consente agli altri dipendenti di godere di lauti premi/indennità aggiuntive (ne sono un esempio i dipendenti delle Agenzie fiscali).
Chi ha quindi interesse a non far migliorare le condizioni sociali, retributive e stipendiali delle Forze dell’Ordine o, di contro, chi è caldamente indifferente rispetto a questo stato di cose?
Cari colleghi finanzieri di ogni ordine e grado, se tutto questo vi è chiaro, allora non vi soffermate a meri piagnistei perché non servono a nulla, tanto nessuno in alto vi ascolterà, il successo o l’insuccesso delle azioni che si mettono in atto dipende solo dalla forza che darete alle Organizzazioni sindacali militari che realmente hanno interesse a rappresentarvi.
Iscrivetevi oggi stesso al sindacato, quindi, per dare forza ai vostri rappresentanti che, solo in questo modo, saranno autonomi, liberi e avranno quella maggiore forza di rivendicazione che serve per poter ambire a un nuovo patto sociale. L’unico modo che abbiamo per poter avere quella forza rappresentativa e di rivendicazione che possa portare un intero comparto, composto da cinquecentoventimila donne e uomini, ad essere completamente sindacalizzato e, quindi, in grado di far sentire la propria voce nella piena consapevolezza che classe politica e dirigente non sono certamente la soluzione alle nostre/vostre reali esigenze.
La favoletta che, ormai da anni, tentano ogni volta di raccontarci e che erge chi è in alto nelle singole amministrazioni, a tutore assoluto e indiscusso delle esigenze del personale, non incanta più nemmeno i bambini.
In pratica, l’unica strada è quella di mettere in atto un nuovo patto sociale che coinvolga tutte le OO.SS. di Polizia civile e militare più rappresentative, con l’intento di guardare con attenzione all’approvazione di una sorta di Statuto dei lavoratori del comparto, con il quale a fronte di tanti obblighi e limitazioni, derivanti dalla peculiarità di status e d’impiego, corrispondere condizioni di lavoro, tutele e retribuzioni adeguate e più dignitose per il lavoro svolto ed i rischi a cui ogni giorno va incontro il personale.
Eliseo Taverna