Il Consiglio di Stato – Sezione VI – con la sentenza n. 2383/2019 del 12 aprile 2019 ha respinto il ricorso in appello presentato dalla Guardia di Finanza – avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte – Sezione I – n.01316/2018, con la quale era stato accolto un ricorso proposto da un gruppo di appartenenti al
Il Consiglio di Stato – Sezione VI – con la sentenza n. 2383/2019 del 12 aprile 2019 ha respinto il ricorso in appello presentato dalla Guardia di Finanza – avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte – Sezione I – n.01316/2018, con la quale era stato accolto un ricorso proposto da un gruppo di appartenenti al Corpo e concernente il diniego al riconoscimento dell’indennità di trasferimento per soppressione del reparto.
Il Consiglio di Stato ha infatti sostanzialmente sostenuto che, in caso di soppressione del reparto, l’indennità di trasferimento spetta “se la nuova sede è posta in comune non confinante (cioè non limitrofo)”, non ritenendo valida l’interpretazione fornita dall’Amministrazione in base alla quale il concetto di limitrofo/confinante andasse riferito non al comune ma all’ambito di giurisdizione.
L’Organo giurisdizionale ha quindi respinto il ricorso in appello ritenendo:
- di condividere l’interpretazione normativa fornita da alcuni TAR secondo cui, in caso di soppressione, se la nuova sede è posta in comune non confinante (cioè non limitrofo) l’indennità spetta; invece se la nuova sede è ubicata in comune confinante (limitrofo) non spetta anche se la seconda sede dista più di 10 km;
- di non condividere quanto sostenuto da altri TAR secondo i quali sede limitrofa vuol dire sede (cioè ufficio avente un ambito di giurisdizione) confinante;
- di poter aderire alla prima interpretazione in ragione, in primo luogo, del fatto che la seconda tesi sarebbe praticabile solo in caso di unità aventi un ambito di competenza territoriale circoscritto e sarebbe invece impraticabile nel caso di soppressione o aggregazione di unità che non avevano una giurisdizione limitata ma operavano su tutto il territorio nazionale o su una parte significativa di esso;
- che, in secondo luogo, la l’interpretazione sostenuta dall’Amministrazione introdurrebbe una differenziazione incomprensibile nell’ambito dei trasferimenti di autorità: secondo l’Amministrazione, infatti, il trasferimento di autorità “ordinario” (si pensi a quello per incompatibilità) seguirebbe la regola dei comuni differenti, mentre il trasferimento per soppressione di unità dovrebbe seguire la diversa regola dei confini territoriali di competenza;
- che costituisce canone interpretativo di riferimento quello secondo cui – all’interno dello stesso testo normativo e anzi in due commi limitrofi – le definizioni ricorrenti vanno applicate e declinate in modo omogeneo, dovendosi presupporre che il Legislatore non possa aver conferito in via implicita o silente significati divergenti a istituti o definizioni di fattispecie sovrapponibili.
Il massimo organo giurisdizionale ha quindi rigettato l’appello proposto dall’Amministrazione, compensando tra le parti le spese di lite.