Le delucidazioni del SINAFI sulla richiesta di risarcimento danno, per mancata istituzione della previdenza complementare.

Numerosi iscritti ci hanno chiesto delle delucidazioni sul mancato avvio della previdenza complementare e sulle azioni giurisdizionali che sono state poste in essere negli anni dai vari ricorrenti per ottenere un risarcimento del danno subìto. Recentemente, la Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Puglia, con sentenza nr. 207/2020 emessa il 20 dicembre 2019

Numerosi iscritti ci hanno chiesto delle delucidazioni sul mancato avvio della previdenza complementare e sulle azioni giurisdizionali che sono state poste in essere negli anni dai vari ricorrenti per ottenere un risarcimento del danno subìto.

Recentemente, la Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Puglia, con sentenza nr. 207/2020 emessa il 20 dicembre 2019 e depositata il 18 maggio 2020, ha ritenuto infondata la pretesa di un ricorrente di poter usufruire del sistema previdenziale retributivo, (per capirci il sistema previgente la riforma e notoriamente più vantaggioso) pur in assenza di un “diritto al regime previdenziale“ in vigore precedentemente, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore modificare anche in pejus il sistema previdenziale del momento. Tale motivazione, ovviamente, non ha reso incostituzionale il passaggio normativo dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo, sancito dalla L. n.335/1995.

Con la stessa sentenza però la stessa Sezione Giurisdizionale Regionale ha riconosciuto al ricorrente il diritto risarcitorio dei danni derivanti dal mancato avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del trattamento di fine rapporto e della conseguente istituzione della previdenza complementare.

Relativamente alla mancata attuazione della previdenza complementare per il personale disciplinato dalla legge, tra cui il personale militare e quello delle Forze di Polizia, giova ricordare che l’art. 26, co. 20, L. n. 448/1998 ha riservato espressamente alle procedure di negoziazione e di concertazione previste dal D.Lgs. n. 195/1995, sia la disciplina del trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2, co. 5-8, L. 335/1995, sia l’istituzione delle forme pensionistiche complementari ai sensi dell’art. 3, d.lgs. n. 124/1993.

Gli artt. 40 e 67 del D.P.R. n. 254/1999 (recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare) e l’art. 24 del D.P.R. n. 255/1999, con riferimento al personale delle Forze Armate, hanno precisato, altresì, che le procedure di negoziazione e di concertazione attivate ai sensi del citato art. 26, co. 20, l. n. 448/1998 sono abilitate a definire la costituzione di uno o più fondi nazionali pensione complementare; la misura percentuale della quota di contribuzione a carico delle amministrazioni e di quella dovuta dal lavoratore nonché la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse; le modalità di trasformazione della buonuscita in trattamento di fine rapporto, le voci retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto, nonché la quota di trattamento di fine rapporto da destinare a previdenza complementare.

Le norme vigenti prevedono una concertazione tra varie amministrazioni, i rappresentanti delle OO.SS. legittimate a parteciparvi e i rappresentanti del Consiglio Centrale di rappresentanza (COCER), mentre l’iniziativa del procedimento per la concertazione spetta al Ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione. Dette procedure si concludono con l’emanazione di appositi decreti del Presidente della Repubblica.

In tale quadro normativo, in diversi giudizi proposti innanzi al giudice amministrativo, alcuni appartenenti al comparto avevano presentato ricorso per ottenere il riconoscimento dell’obbligo per le Amministrazioni resistenti (Funzione Pubblica e Difesa) di concludere, mediante l’emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo relativo all’instaurazione del secondo pilastro della previdenza (la complementare) che avrebbe dovuto colmare il detrimento economico che si era venuto inevitabilmente a creare al momento del calcolo del trattamento di quiescenza con il nuovo metodo.

E’ del tutto evidente che nell’impossibilità di far valere giudizialmente il metodo di calcolo previgente, lo strumento per compensare le negative ripercussioni economiche derivanti dall’inerzia dello Stato, nell’attuazione della previdenza complementare, è rappresentato dal risarcimento del danno.

La legittima aspettativa che mira all’ estensione del regime di previdenza complementare anche al comparto pubblico assurge, verosimilmente, a situazione giuridica soggettiva, ovviamente meritevole di tutela anche innanzi al Giudice monocratico delle pensioni della Corte dei Conti.

Il tempestivo avvio dei fondi pensione, difatti, avrebbe generato un montante più elevato rispetto al mancato esercizio dell’opzione, oltre che consentire un risparmio in termini di tassazione IRPEF in virtù di un maggiore ammontare deducibile (profilo di danno che, peraltro, esula dal presente giudizio a cui è approdata il GUP di Bari).

E’ chiara, quindi, secondo il GUP di Bari la voluntas legis di attribuire al Giudice monocratico delle pensioni la giurisdizione in ordine al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Sotto il profilo sostanziale, il danno derivante dalla mancata attivazione della previdenza complementare si configura, nella specie, come “ danno futuro”, le cui conseguenze si manifestano non nell’immediato, essendo il ricorrente tuttora in servizio, bensì all’atto del pensionamento, in quanto il tempestivo avvio dei fondi pensione avrebbe generato un montante più elevato rispetto al mancato esercizio dell’opzione, oltre che consentire un risparmio in termini di tassazione IRPEF in virtù di un maggiore ammontare deducibile ( profilo di danno che, peraltro, esula dal giudizio in esame).

Il GUP di Bari, seppur ha concesso un riconoscimento giuridico, tuttavia non ha fatto riferimento alle numerose sentenze negative che negli anni diversi Giudici contabili delle varie sezioni hanno espresso circa la propria incompetenza a quantificare il risarcimento danno.

Alcune delle sentenze citate, peraltro, sono state appellate dai ricorrenti interessati dinanzi alla Corte Centrale D’appello, la quale ha espresso un giudizio di incompetenza della magistratura contabile in materia di risarcimento del danno per i casi di specie.

Questo contrasto giurisprudenziale è stato nuovamente appellato dinanzi alla Corte di Cassazione da alcuni ricorrenti, al fine di definire quale dovrà essere il Giudice competente a decidere il risarcimento del danno.

Nel prossimo mese di Settembre la Corte di Cassazione ha fissato una Camera di Consiglio per definire questo contrasto negativo di giurisdizione e quindi, si spera, stabilire definitivamente anche chi dovrà essere il Giudice competente che dovrà decidere la quantificazione del danno in materia di mancato avvio della previdenza complementare nel comparto difesa e sicurezza e, quindi, a chi il personale interessato potrà rivolgersi giudizialmente.

La Segreteria Nazionale SINAFI – Sindacato Nazionale Finanzieri

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